Il 19 marzo una delegazione del movimento NO MUOS ha partecipato al convegno nazionale di Milano, promosso dall’Assemblea Antimilitarista, su “Guerra ed energia: l’ENI e le missioni militari italiane in Africa”, durante il quale, due militanti storici del movimento, Antonio Mazzeo e Andrea Turco, hanno svolto importanti relazioni assieme a quelle di Capello, Ratti e Varengo. Nell’occasione i compagni siciliani hanno avanzato la proposta di indire un convegno a Gela, terra dove l’ENI ha lasciato indicibili macerie umane, ambientali e sociali, per dare continuità alla campagna contro ENI, che per l’occasione si è data come altro momento centrale la manifestazione di Milano del 2 aprile.
Non è stato facile mettere in piedi questa iniziativa, poiché la cittadina siciliana, situata a pochi chilometri da Niscemi, sconta una forte emigrazione giovanile che ha portato via anche i pochi attivisti antimilitaristi e ambientalisti presenti. Con ritardo notevole rispetto ai tempi previsti, siamo riusciti a fissare la data del convegno per sabato 10 dicembre, grazie all’impegno del Movimento NO MUOS e al supporto del locale Comitato No inceneritore. Il titolo prescelto è “Il nuovo colonialismo energetico e militare di ENI”, il luogo è la sala della pinacoteca comunale, al piano terra del Municipio.
L’Assemblea antimilitarista sarà presente con Daniele Ratti che affronterà il tema: L’ENI ed il suo ruolo nel “Mediterraneo allargato” quale sintesi della politica estera e della difesa italiana. L’ENI è la soluzione dell’equazione Energia – Profitto – Guerra. A seguire la relazione di Andrea Turco (di A Sud, giornalista ambientale) su Gela, la capitale italiana del gas è ancora una città a sei zampe. Per il movimento NO MUOS interverrà Pippo Gurrieri che tratterà di Gela e Niscemi, disastri a confronto. Sono poi previsti gli interventi di Erika Garozzo della Rete dei comitati territoriali e di Paolo Scicolone di No inceneritore Gela.
La tipologia dei temi affrontati spazia nella vasta gamma di implicazioni che il ruolo di ENI ha sulla società italiana e sui territori toccati dalla sua politica energetica. In Sicilia il miraggio del petrolchimico gelese, che alla fine degli anni Cinquanta stravolse le prospettive economiche di un territorio a forte vocazione agricola, artigianale e marittima, e fece impazzire i teorici dell’operaismo, che sposarono le politiche di industrializzazione del Sud attuate dal grande capitale nazionale, è ormai un lontano ricordo. L’industria della raffinazione ci ha lasciato uno stabilimento grande come una città ridotto a una montagna di ferrovecchio arrugginito; un ambiente contaminato in maniera irreversibile; la piaga dei tumori e delle malformazioni neonatali; una scia di sangue fatto versare dalla Stidda, versione locale di Cosa Nostra legata agli appalti e all’arricchimento della borghesia locale; un fortissimo degrado urbano; una disoccupazione dilagante. Da tutte queste macerie ENI ora vorrebbe risorgere con il potenziamento del gasdotto dall’Algeria e con le politiche di greenwashing, qui battezzate GreENIwashing, ovvero spargendo l’illusione che la raffinazione del petrolio possa avere un futuro verde, innaffiata dalle solite promesse di posti di lavoro (compresa l’offerta di una vasta area del petrolchimico dismesso per costruirvi uno dei due inceneritori previsti per la Sicilia).
A sostegno di questa politica neocoloniale, la multinazionale energetica italiana è attiva su piano del consenso, alla ricerca di una nuova verginità, con iniziative nelle scuole e in città volte a vendere il proprio nuovo volto pseudo pulito; iniziative a cui si prestano fior di intellettuali, come di recente ha fatto Jacopo Fo, pagato da ENI per spacciare la nuova menzogna verde tra la popolazione. E tuttavia il territorio rimane condizionato da questa presenza ultrasessantennale che ha fagocitato l’ambiente sociale; nonostante i disastri e le tragedie umane, il consenso verso il colosso rimane alquanto alto. Non possiamo dimenticare ciò che avvenne alcuni anni fa, quando la minaccia di chiusura del petrolchimico indusse la popolazione a scendere in piazza dietro lo striscione “Meglio morire di cancro che morire di fame”. Contraddizioni, frutto di ricatto, che non sono mai cessate, qui come in tutte quelle aree del paese dove lo sviluppo industriale imposto dai padroni è stato solo uno tsunami produttore di profitti e distruttore di speranze, di vite umane, dell’ambiente.
Questa è la situazione che abbiamo tenuto ben presente nell’organizzare un convegno che si prospetta difficoltoso, ma che, al contempo, rappresenta una sfida che bisognava raccogliere e condurre a fianco di coloro che hanno tenuto in piedi il senso critico e l’opposizione al mostro della chimica.
La presenza del Movimento NO MUOS, il forte intreccio di interessi tra le popolazioni di Gela e Niscemi, serviranno anch’essa a portare in città l’informazione sull’altra faccia dell’ENI cosiddetta civile e industriale, quella delle predatorie missioni militari nel Mediterraneo e in Africa, quella che, guidando la politica estera italiana, promuove guerre e conflitti sotto il vessillo tricolore.
P.G.